Piattaforme digitali di welfare: cosa dicono gli italiani
18 settembre 2025
Promettente, ma ancora immaturo. È la fotografia del welfare digitale in Italia scattata dall’Unguess Research Centre sulla base di una indagine che ha visto coinvolti oltre 790 utenti dai 18 ai 65 anni e che mostra uno scarto ancora da colmare per il settore tra quanto i benefit siano apprezzati e quanto l’esperienza utente fornita dalle piattaforme online sia in effetti soddisfacente. Dati alla mano, più della metà delle imprese in Italia offre ai propri dipendenti dei welfare benefit attraverso strumenti digitali e il 65% degli utenti che utilizza piattaforme di welfare nella propria azienda si dichiara comunque soddisfatto. Ma il 30% ha riscontrato problemi tecnici durante l’uso.
Questi i bug più segnalati:
Arresti anomali e difficoltà nel servizio cassa 42%
Complicazioni in fase di accesso o registrazione 28%
Problemi nel collegare l’applicazione ad altre piattaforme 18%
Errori di rimborso o conteggio ticket 9%
L’immaturità non è però limitata agli errori nel funzionamento del software. Quasi 4 utenti su 10 dichiarano infatti di non identificare un provider “migliore” tra quelli provati, evidenziando spazi di differenziazione per gli attori del settore. Secondo la ricercatrice Alessia Casorati, un ambito di confronto decisivo in questo senso sarà la capacità di fornire supporto di qualità. “Questi dati ci mostrano chiaramente come il servizio clienti, ormai dato per scontato, rivesta un ruolo cruciale”, osserva l’esperta, secondo cui “un ampio margine di miglioramento per queste piattaforme potrebbe essere perseguito puntando su una navigazione più fluida e intuitiva da mobile, un’elevata personalizzazione delle piattaforme in base alle esigenze individuali e un’assistenza utente più attenta e proattiva”.
Se la partita nel settore pare ancora in larga parte da giocare, è bene osservare come in gioco non ci sia solo il successo dei fornitori dei servizi di welfare, ma anche quello delle aziende che offrono benefit alle loro persone. “Se gli strumenti non concretizzano a pari valore lo sforzo che la divisione HR mette in campo per i dipendenti, il rischio è che si generi un effetto boomerang fatto di lamentele e incomprensioni”, commenta il founder e ceo di Tundr, Giorgio Seveso, ponendo l’accento sull’importanza di pensare le piattaforme proprio a partire dalle esigenze degli utenti. “Non è tanto riempire un ideale supermercato di beni e servizi - scrive Seveso su LinkedIn - è piuttosto guidare ogni dipendente verso lo scaffale giusto, dove troverà ciò di cui ha bisogno”.