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Welfare aziendale: 5 tendenze per il 2026

9 dicembre 2025

a man wearing glasses and a black shirt

Autore

Marco Valsecchi

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Dal 2025 al 2026
Dal 2025 al 2026
Dal 2025 al 2026

Nel grande discorso collettivo sul lavoro, il welfare aziendale è stato uno dei temi più caldi di questo 2025. Ma è già tempo di guardare avanti.

A partire da quello che viviamo ogni giorno da operatori del settore e dagli spunti che abbiamo raccolto parlando con gli esperti che abbiamo intervistato in questi mesi, proviamo ad anticipare quello di cui si parlerà nel 2026.


1. La retention resta, ma i benefit saranno anche un tema di attraction


In questo momento storico, in Italia, il welfare è considerato più una leva di retention che di attraction. In azienda di solito si entra per la busta paga: dati alla mano, una analisi realizzata da Joinrs su oltre 60mila annunci mostra come quelli con la RAL in chiaro registrino un +625% di candidature.


Mentre il welfare viene citato più spesso come una delle ragioni per cui si decide di rimanere, oppure di andarsene: il 18% delle persone intervistate per la Employer Brand Research 2025 di Randstad ha indicato nella mancanza di benefit una ragione per cui cambierebbe lavoro.


Ma cosa succederebbe se la competizione tra aziende per accaparrarsi i talenti la si dovesse giocare a carte scoperte? Lo scopriremo presto: la normativa Ue sulla trasparenza salariale che entrerà in vigore a giugno 2026 imporrà alle aziende di dichiarare subito il corrispettivo economico e nell’attesa “diteci la RAL” è già un tema ricorrente nelle discussioni online sul mercato del lavoro.


Considerato che le paghe in Italia risultano compresse dal forte cuneo fiscale che funge da “grande livellatrice”, la nostra previsione è che i benefit avranno sempre più spazio nelle offerte di lavoro e saranno sempre più utilizzati dalle aziende per crearsi un vantaggio competitivo nella ricerca dei candidati migliori.


2. People analytics e AI ci faranno capire meglio i bisogni dei dipendenti


Mentre gli strumenti fintech rendono il welfare sempre più spendibile e personalizzabile, altre tecnologie si vanno affermando a monte del processo, consentendo alle aziende una migliore pianificazione strategica.


Ma andiamo per ordine. Il recente boom del mercato del welfare aziendale è in buona parte legato al diffondersi di strumenti che permettono una sempre maggiore personalizzazione dei benefit: detto nel modo più semplice possibile, quanto più le persone sentono che il welfare erogato è vicino ai loro bisogni, tanto più questo acquisisce valore. Il punto cruciale, però, è intercettare questi bisogni o addirittura anticiparli sulla base dei dati raccolti in azienda.


“Al momento questo tipo di ascolto si basa su un mix di strumenti quantitativi e qualitativi spesso mutuati dal marketing”, ci raccontava pochi mesi fa la HR manager Emanuela Spernazzati, anticipando un futuro fatto di dati sempre più oggettivi, dai quali l’AI trarrà spunti e modelli. La nostra impressione è che quel futuro sia prossimo.


Per il suo People Analytics Report 2025, Factorial ha sentito oltre 800 founder e ceo europei: tra le aziende con più di 300 dipendenti, il 52% ha già iniziato esplorare queste tecnologie. E in Italia il 79% degli intervistati prevede di aumentare gli investimenti nel prossimi biennio. Ora i dati dicono a chi si occupa di risorse umane quali competenze mancano e come creare team più competitivi. Presto diranno loro anche come rendere i componenti di ogni team più felici.


3. Le amministrazioni locali scoprono il welfare aziendale


Che cos’hanno in comune Lecco, Bergamo, San Giovanni Lupatoto (Verona) e Cervaro (Frosinone)? Hanno in Comune il welfare aziendale. E la maiuscola è voluta: stiamo infatti parlando di quattro amministrazioni comunali che negli ultimi mesi del 2025 hanno introdotto il welfare aziendale per i propri dipendenti. Se tre indizi fanno una prova, quattro sembrano delineare una chiara tendenza anche per i mesi a venire. Le parole di sindaci e assessori, d’altra parte, disegnano un quadro chiaro.


“Con questo rinnovo il Comune dimostra di essere un’amministrazione competitiva, che intende diventare attrattiva, partendo dalla risorsa più importante di cui dispone, cioè le persone”, scrive il primo cittadino lariano, Mauro Gattinoni. Mentre Marco Zocca, assessore al Personale di San Giovanni Lupatoto, sottolinea come le misure introdotte consentano di “ridurre la disparità retributiva che storicamente separa gli enti locali dagli altri comparti della pubblica amministrazione”.


4. Col welfare non compreremo solo beni e servizi, ma anche competenze


La formazione professionale è da sempre uno degli elementi fondamentali di un pacchetto completo di flexible benefit. E ha acquisito ancora più centralità negli ultimi anni, complice un mercato del lavoro dove le carriere sono sempre meno lineari e dove le nuove tecnologie rimodellano continuamente i processi, facendo diventare upskilling e reskilling due parole chiave del nostro dizionario professionale.


Ma non ci sono solo le competenze tecniche: sempre in questi anni abbiamo visto crescere l’importanza delle soft skill, competenze trasversali e tipicamente umane che l’intelligenza artificiale non può automatizzare.


Ed è qui che ci aspettiamo che il welfare giochi un ruolo sempre più importante. In particolare per quanto riguarda tutte quelle competenze che riguardano la gestione dello stress e l’equilibrio tra vita professionale e lavoro.


Di fianco a viaggi, shopping e attività ricreative che aiutano a ricaricarci, prepariamoci a veder comparire sempre più spesso nei pacchetti welfare anche percorsi di counseling e programmi di salute digitale che ci permetteranno di prendere il controllo del nostro benessere organizzativo.


5. Welfare non solo per chi lo riceve: cresce l’importanza del caregiving


Partiamo da un presupposto fondamentale: il welfare non serve solo alla persona alla quale viene erogato. In passato la narrazione legata ai benefit si è concentrata molto sui fringe benefit legati alla sfera lavorativa - su tutti l’auto aziendale in uso promiscuo - oppure sulla possibilità di acquistare beni tramite voucher, relegando la questione familiari soprattutto alla possibilità di coprire le spese per l’istruzione dei figli.


Il cambiamento demografico in atto ormai da anni ha però cambiato le carte in tavola: di figli se ne fanno sempre meno, mentre la popolazione invecchia e nuovi bisogni emergono con forza. Bisogni ai quali il welfare può e deve dare risposte.


L’associazione Carer segnala che in Italia ci sono circa 7 milioni di caregiver familiari, impegnati nel prendersi cura di una persona con disabilità o non autosufficienti. Un dato destinato ad aumentare, se si considera che la popolazione italiana over 85, all’interno della quale si concentra la quota più alta di individui fragili dovrebbe passare dal 3,8% del 2023 a un 7,2% nel 2050: quasi il doppio.


Di fronte a una tendenza di questo tipo, è facile prevedere che la richiesta di flexibile benefit legati all’assistenza si faccia sempre più consistente.

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