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Welfare e politiche abitative: quando con i benefit si paga l’affitto

16 ottobre 2025

a man wearing glasses and a black shirt

Autore

Marco Valsecchi

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Pagare l'affitto col welfare
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L’avrete sentito dire anche voi: “con i benefit non ti ci paghi l’affitto” è uno dei luoghi comuni più abusati quando si prova a sminuire il peso del welfare nel quadro complessivo della retribuzione. Non solo questa semplificazione è di fatto fuorviante, però, ma la tendenza che si osserva a livello di relazioni industriali va in direzione opposta. Nell’ottavo rapporto su ‘Il welfare aziendale e occupazionale in Italia’ appena pubblicato da Adapt e Intesa Sanpaolo si parla addirittura di “un rinnovato protagonismo delle imprese e degli attori sociali nella promozione e attuazione di soluzioni efficaci per far fronte al bisogno abitativo dei lavoratori”. Come ci ha confermato la ricercatrice Silvia Spattini, si tratta di un tema molto sentito anche dalle aziende, “poiché le difficoltà di trovare alloggi impatta sulla possibilità di reclutare lavoratori”.

Il rapporto dedica un intero capitolo alla questione, partendo dal caso di studio di Milano, una città estrema da questo punto di vista col suo prezzo medio di compravendita per le abitazioni civili “normali” di 5.586 euro al metro quadro (fonte: Osservatorio del Mercato Immobiliare (OMI) dell’Agenzia delle Entrate), le stanze singole per studenti e lavoratori a 732 euro di media al mese e un’incidenza del canone di locazione sulla retribuzione netta di un operaio al 65,8% (fonte: Immobiliare.it). Andiamo a vedere che cosa è emerso dalle analisi dei ricercatori e quali buone pratiche potrebbero fungere da modello per i prossimi anni per interventi strutturali e su scala nazionale.

Esempi di politiche aziendali che rispondono ai bisogni abitativi

Iniziamo col ricordare che soglie di esenzione dei fringe benefit da 1.000 euro per tutti i lavoratori e 2.000 euro per quelli con figli a carico coprono anche le somme erogate o rimborsate ai dipendenti per le utenze domestiche, i canoni di locazione e gli interessi sul mutuo dell’abitazione principale. In più, l’ultima legge di bilancio ha introdotto una nuova soglia da 5.000 euro per i contributi o rimborsi ai dipendenti neoassunti per il pagamento del canone di locazione e delle spese di manutenzione degli immobili locati. Questo è tutto spazio di manovra disponibile per l’introduzione di benefit. In più, una leva su cui le aziende possono intervenire è quella legata agli aspetti organizzativi, con particolare riferimento al luogo di esecuzione della prestazione lavorativa.

Alcuni esempi concreti raccolti a Milano dai ricercatori Adapt:


  • ATM offre un “contributo casa” da tremila euro per i dipendenti che risiedono fuori Milano ma hanno stipulato un contratto di locazione o di affitto entro i confini della città metropolitana.

  • Edison ha lanciato “Una casa per i giovani”: un piano di company social housing destinato ai neolaureati neoassunti che permette di accedere a un bilocale arredato situato in una zona prossima alla sede di lavoro ben collegata con i mezzi pubblici.

  • “Casa ai lavoratori”: una misura di housing sociale promossa dal Comune di Milano che prevede il recupero e la messa a disposizione di alloggi di proprietà comunale ai dipendenti di aziende partecipate e cooperative sociali, attraverso la stipula di convenzioni bilaterali.

  • Milano Smart City Alliance: una alleanza tra imprese promossa da Assolombarda insieme alle istituzioni con l'obiettivo di creare una rete capillare di spazi pubblici e privati da destinare al lavoro da remoto, accessibili sia ai dipendenti dell’amministrazione comunale, sia ai lavoratori del settore privato.

Rispondere all’emergenza casa con le politiche contrattuali

Le intese raggiunte tra sindacati e aziende che già oggi regolano l’erogazione di crediti welfare – sia in forma diretta sia tramite la conversione dei premi di risultato – paiono rappresentare un terreno fertile per l’ampliamento delle misure a sostegno dei bisogni abitativi di chi lavora, segnala il rapporto, ad esempio con la possibilità di coprire, in tutto o in parte, le spese sostenute per i canoni di locazione dell’abitazione.

Da questo punto di vista il rapporto su ‘Il welfare occupazionale e aziendale in Italia’ evidenzia due esempi interessanti:


  • L’accordo Bpm Vita, d’intesa con le organizzazioni sindacali, consente ai dipendenti l’anticipazione fino al 100% del TFR per l’acquisto, ampliamento e ristrutturazione della prima casa.

  • Il contratto integrativo aziendale di Vittoria Assicurazioni prevede la possibilità per i lavoratori di prendere in affitto alloggi di proprietà dell’impresa, a condizioni di favore e secondo regimi di priorità. È prevista l’erogazione di prestiti agevolati ai neoassunti per far fronte alle spese di locazione.

Il ruolo degli enti bilaterali a supporto delle politiche abitative

Nei settori dove la frammentazione delle realtà produttive è più forte e dove prevalgono le piccole o addirittura micro imprese, segnala ancora il rapporto, si è sviluppato negli anni un sistema articolato di enti bilaterali, che promuovono soluzioni nel campo del welfare e delle politiche del lavoro a supporto di imprese e lavoratori. Anche loro, negli ultimi anni, hanno inziato a sviluppare iniziative legate alle politiche abitative:


  • EBtpe (ente bilaterale territoriale dei pubblici esercizi di Milano e provincia e Monza Brianza) ha introdotto un contributo fino a 200 euro al mese a sostegno del canone di locazione di immobili residenziali ubicati nella Città Metropolitana di Milano e nella provincia di Monza-Brianza.

  • Ebiter Milano (ente bilaterale del terziario della provincia di Milano), che riconosce, per un solo trimestre, un contributo affitto di importo massimo di 250 euro per ogni canone mensile ai lavoratori assunti a tempo indeterminato e determinato che svolgano la propria attività nella città metropolitana di Milano e nella provincia di Monza Brianza.

  • Elba (Ente lombardo bilaterale dell’artigianato) ha confermato per il 2025 un contributo una tantum fino a 250 euro a sostegno delle spese di affitto dell’abitazione principale sostenute dai dipendenti delle aziende associate.

Qui però si osserva una criticità ancora da risolvere: a differenza delle prestazioni di welfare erogate direttamente dalle aziende ai dipendenti, quelle erogate dagli enti bilaterali territoriali non possono beneficiare delle agevolazioni previste dall’art. 51 del TUIR a livello di tassazione del reddito da lavoro dipendente. A determinare la differenza di trattamento non è la natura della prestazione, ma solo la modalità attraverso cui viene erogata, con il risultato di penalizzare fiscalmente soluzioni da soggetti terzi e non dalle aziende.

Per approfondire, leggi la nostra intervista a una delle autrici del rapporto:
4 domande sul welfare a Silvia Spattini

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