Parlare di welfare a colloquio: consigli per aziende e candidati
28 ottobre 2025
Nella guida alla employee retention abbiamo già analizzato il ruolo che il welfare aziendale può giocare nel trattenere i migliori talenti in azienda. Ma quello che spesso si sottovaluta è come i benefit possano fare la differenza già da prima, quando ci troviamo ancora in fase di talent acquisition. “È un punto sul quale registriamo ancora poca consapevolezza da parte delle aziende”, conferma Dario Franzosi, co-founder con Sabina Gnecchi di Talent Attraction Lab, il primo progetto italiano dedicato all’incontro tra HR e marketing. “Iniziano a pensarci solo ora - prosegue - mosse dal bisogno di aumentare il tasso di accettazione delle offerte di lavoro in modo economicamente sostenibile. Anche perché ci troviamo in un contesto in cui l’inflazione sta riducendo il potere d’acquisto, e quindi il benessere, di chi lavora”.
D’altra parte, gli stessi candidati hanno spesso poca dimestichezza con questo aspetto dell’offerta. “Dipende molto dall’età e dall’esperienza”, spiega Sabina Gnecchi, “soprattutto i più giovani non hanno quasi mai contezza del valore dei benefit e difficilmente li chiedono o li negoziano”. Qui a fare la differenza è l’aver toccato con mano. A interessarsi del welfare sono i professionisti più maturi, che hanno lavorato in aziende che i benefit li concedevano. O meglio: quelle che lo concedevano ed erano capaci di comunicarlo alle loro persone. Perché dove questa capacità manca, il welfare non viene nemmeno percepito.
Dal punto di vista delle aziende: come fare leva sul welfare
Quando si tratta di impostare il nostro welfare per far sì che questo renda l’azienda attrattiva agli occhi dei candidati, il punto di partenza più logico è l’esperienza di chi già lavora con noi. Se i benefit che proponiamo riescono a coprire col giusto grado di personalizzazione i bisogni degli attuali dipendenti, siamo già sulla strada giusta. A quel punto è importante allineare l’offerta di welfare con il percorso che stiamo prospettando a chi entra nel team.
“Uno dei compiti dell’HR è garantire la coerenza tra i benefit e quello che viene offerto”, osserva ancora Franzosi a partire da un esempio concreto, “se promuovi dei corsi di formazione tecnica, ma in azienda non sono poi previsti avanzamenti di carriera e i dipendenti sono mossi da obiettivi estrinseci al lavoro, e quindi la loro attenzione è rivolta soprattutto allo stipendio e all’equilibrio vita-lavoro, quel benefit è di fatto sprecato”.
Una volta definita la strategia di welfare, i benefit devono poi essere evidenziati e spiegati a ogni touch point del processo di selezione:
Nella career page dell’azienda (il classico “lavora con noi”), dove è cruciale anticipare possibili domande e obiezioni del candidato anche in questo ambito.
Sui canali social, dove si presentano le offerte si costruisce l’employer branding.
Nelle risposte automatiche che aggiornano sullo stato della candidatura.
A colloquio, dove i benefit non devono solo essere citati, ma anche approfonditi.
“Come azienda non devo mai dare per scontato che si capisca quello che sto dicendo”, conclude Franzosi. “Quando parlo ai candidati, devo partire dai loro bisogni e collegare i benefit a quei bisogni, quantificando il loro impatto reale e quindi valorizzandolo”.
Dal punto di vista dei candidati: quando informarsi sui benefit
“Il momento giusto per iniziare a informarsi sul welfare e chiedere quali benefit vengono offerti è a colloquio, quando il selezionatore ci pone la domanda sulla nostra aspettativa economica”, consiglia Sabina Gnecchi. Secondo la consulente per la talent aquisition, sono due i punti essenziali che da candidati dovremmo tenere a mente:
Quando si parla del budget a disposizione per la RAL, bisogna chiedere anche dei benefit aggiuntivi e approfondirli, informandosi su quando vengono erogati e come funzionano.
Non dare per scontato che la negoziazione sia solo sulla RAL. Se non si può arrivare a una soluzione migliorativa dello stipendio, non sottovalutiamo le possibilità di negoziare per migliorare la parte benefit dell’offerta.
Proprio perché molte aziende non hanno ancora iniziato a considerare la componente welfare una leva primaria per attrarre i talenti, è bene essere proattivi e non aver paura di introdurre il discorso. Tanto più che nei prossimi mesi, con l’entrata in vigore della direttiva Ue sulla trasparenza retributiva, le offerte dovranno essere molto più esplicite. “Le aziende stanno un po’ mettendo la testa sotto la sabbia”, osserva a riguardo Dario Franzosi, “ma presto inizierà la corsa ad adeguarsi”.
Per approfondire, leggi le nostre guide:
Rafforzare la retention con il welfare
Come scegliere la piattaforma welfare

